Nelle ultime domeniche del tempo pasquale, il quarto vangelo ci presenta l’annuncio dello Spirito santo – chiamato Paràclito – che Gesù rivolge ai suoi discepoli. «E io pregherò il Padre, e vi darà un altro Paràclito a confortarvi, perché resti sempre insieme a voi: lo Spirito della verità». È uno strano titolo, con diversi significati: avvocato, difensore, consolatore; che fa pensare al loro bisogno di protezione, una volta che il Maestro se ne sarà andato. Gesù è in partenza, sa che tra breve dovrà lasciare i discepoli, quindi si preoccupa di rassicurarli: «Non vi lascio orfani, sto per venire a voi! Ancora un poco, e il mondo non mi vede più. Ma voi mi vedrete, poiché io vivo, e anche voi vivrete».
In prossimità di un distacco, chi vuol bene davvero non pensa a sé, ma agli altri. Gesù deve andare, ma vuol rimanere; sembra la fine, in realtà si avvicina un nuovo inizio. E in questo singolare modo di parlare di Gesù, invece di allargarsi la distanza e crescere la solitudine, si affollano persone: sopra il Padre, davanti lo Spirito. Quando la vita del Maestro volge al compimento, l’orizzonte si estende: si fa più chiaro da dove viene e dove va. Per questa ragione il dramma non diventa tragedia.
Quando i discepoli saranno tentati di scoraggiarsi, dovranno ricordare queste parole, per ricominciare a fidarsi della promessa. Solo allora saranno sorpresi dalle certezze: «In quel giorno saprete: io nel Padre mio, e voi in me, e io in voi!». Il legame indistruttibile della comunione nell’amore lo stabilisce Dio, non noi. Quanto più vogliamo trattenere, tanto più perdiamo; ciò che crediamo nostro possesso, in realtà ci sfugge.
Gesù rovescia il nostro modo di pensare, e lo insegna con i fatti. La sua morte non dovremo considerarla una sconfitta, ma come la libera offerta della propria vita per amore. La sua scomparsa non sarà nel nulla, ma tra le braccia del Padre, dalle quali verrà il dono di un altro Consolatore, lo Spirito santo, che è “di verità”, perché aiuta a comprendere che è tutto vero ciò che hanno vissuto con Gesù. Non un sogno svanito nel nulla, ma il principio del mondo nuovo dove comanda l’amore; quel mondo che non tutti vedono, ché si nasconde agli occhi superbi e degli egoisti.
L’insistente raccomandazione ai discepoli, infatti, è proprio questa: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola». Amare, dunque, comincia col ricordare, custodire, praticare. Le parole contano, possono ferire e uccidere, quelle di Gesù rigenerano e fanno vivere: sarà il Consolatore a metterle nel cuore, e il Difensore a porle sulle labbra. Ma ciò che rimane e non passa sono le sue parole, perché lui è la Parola, il Verbo crocifisso e risorto, colui che permette il venire a noi dello Spirito nel suo andare verso il Padre: l’avvento di Dio nell’esodo pasquale di Gesù.
don Maurizio