La Chiesa del Santo Sepolcro – Cenni storici

La chiesa del Santo Sepolcro (comunemente detta San Sepolcro) è ubicata presso la sponda meridionale dell’Arno (attualmente Lungarno Galilei), nel quartiere antico di Kinzica, oggi quartiere di San Martino.

Acquarello di Massimo Tosi

L’origine e le vicende storico-strutturali

La chiesa del Santo Sepolcro è attestata per la prima volta come annessa all’Ospedale dei Fratelli Ospitalieri nel 1138, da un documento conservato presso l’Archivio di Stato di Pisa. Si trattò di una sorta di “opera prima”, in ambito pisano, del grande architetto Diotisalvi, largamente conosciuto come ideatore e costruttore del più tardo (1153) Battistero di Piazza dei Miracoli.

Come noto, del Diotisalvi conosciamo solo il nome latino (DEUS TE SALVET) e la sua traduzione in volgare, ma ignoriamo del tutto il nome autentico e il luogo di origine, che gli studiosi tuttavia ritengono concordemente sia da ricercare nel vicino Oriente. Egli portò a Pisa una tipologia architettonica peculiare, basata sul principio della pianta accentrata, ispirata al vano circolare (la c.d. anastasis, cioè: resurrezione), incluso nella basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme, costruita da Costantino (335) e ricostruita poi in epoca crociata (1149). Come è noto, si riteneva tradizionalmente che questo vano coincidesse con il luogo della crocifissione di Gesù.

L’impronta del grande maestro nella nostra chiesa pisana non solo si riconosce nella tipologia architettonica dell’edificio, che è strutturalmente affine (ad esempio nella pianta accentrata, nella presenza del colonnato interno e nella cupola a piramide) al Battistero, ma è anche testimoniata concretamente dall’epigrafe incisa su una lastra di marmo che tuttora si trova murata nel paramento esterno del campanile annesso alla chiesa.

L’iscrizione si legge così: HUIUS OPERIS FABRICATOR D(eu)S TE SALVET NOMINAT(ur), che significa: “Il costruttore di questa opera si chiama Diotisalvi”. La tradizione orale e una notevole messe di documenti assicurano che fino dal suo sorgere la chiesa fu inserita in un complesso di tipo ospedaliero, attestato fino dal 1113 e gestito dapprima dall’ordine degli Spitalieri di San Giovanni e successivamente dai cavalieri di Santo Stefano. Occorre rilevare comunque che di questo che dovette essere un grande complesso edilizio non si conservano – o non sono stati rinvenuti- resti di nessun tipo.

Con il tempo l’edificio si arricchì di nuovi elementi architettonici, tra i quali ricordiamo, all’interno, altari e sovrastrutture sei e settecentesche delle quali non rimane memoria, e, all’esterno, un bel loggiato rinascimentale rimasto documentato in immagini del XVIII secolo.

Pisa 1840 – La Chiesa del Santo Sepolcro in una stampa d’epoca

Verso la metà del XIX secolo, in pieno gusto “neo-medievale”, l’edificio fu sottoposto a drastiche operazioni di restauro volte a ripristinare un presunto suo stato originale. Fu così demolito il loggiato esterno e furono rimossi altari e ornamenti che affollavano l’interno. È in questa occasione inoltre che fu riportato in luce il piano pavimentale originario, che si trova a circa m. 1,30 di profondità rispetto al livello stradale attuale. Si tratta del ben noto fenomeno della subsidenza (sprofondamento), che interessa molti edifici antichi del centro della città.

Negli anni 1970-1973 la chiesa, ulteriormente danneggiata dall’esondazione dell’Arno del 1966, fu oggetto di un nuovo intervento di restauro, il cui risultato fu l’assetto attuale. Dal 1975 la chiesa fu riaperta al culto.

Descrizione

Esterno

L’edificio, connesso sul lato orientale al tessuto murario del quartiere circostante, appare tuttavia ben leggibile come una costruzione a pianta accentrata, dotata di muro perimetrale di forma ottagona, e conclusa nella parte sommitale, da un tamburo in pietra sormontato da una cupola a piramide in mattoni.

La Chiesa prima del restauro ottocentesco, in un rilievo del 1717

Il paramento esterno della fabbrica, costituito da blocchi squadrati di verrucano, è articolato da pilastri angolari ed è concluso nella parte alta da una cornice aggettante decorata. Su ognuno dei lati dell’ottagono sono presenti infine due finestre, mentre rimangono in vista e agibili tre portali sormontati da lunette e decorati con fregi (elementi vegetali e floreali, teste di animali reali e fantastici..) originali, salvo alcuni elementi interpolati durante i restauri del XIX secolo. È del tutto probabile inoltre che un quarto portale si trovasse sul lato rivolto a Est, attualmente inglobato nel tessuto murario urbano.

Originariamente e strutturalmente connesso con la costruzione principale appare il campanile a pianta quadrangolare di cui è visibile un lato adiacente al paramento settentrionale della chiesa stessa. La torre, costruita nella parte inferiore con blocchi di verrucano e con un apparecchio del tutto analogo a quello impiegato nella chiesa, mostra chiaramente due tecniche costruttive distinte: quella della parte superiore, in laterizi, palesemente più recente e quella della parte sottostante, in blocchi squadrati di verrucano, pertinente al momento della fondazione. È qui che si trova murata, non a caso, la lastra di marmo recante, incisa, l’iscrizione con il nome dell’architetto Diotisalvi.

Interno

Elemento dominante dello spazio interno è il circuito di otto pilastri a sezione pentagonale, collegati tra loro da archi ogivali, che sorregge il tamburo ottagono in pietra a sua volta sormontato dalla cupola a piramide in laterizio.

La pianta della Chiesa e degli spazi circostanti in un disegno ottocentesco

L’ambiente, piuttosto disadorno dopo le spoliazioni dei restauri ottocenteschi, non manca tuttavia di motivi di interesse. Si ricordano i principali:

– il pozzo, attualmente chiuso da una grata in ferro, situato in posizione adiacente al portale meridionale e pertinente alla fase originale dell’edificio

– il dipinto su tavola sistemato in una nicchia sul lato orientale, che rappresenta la Madonna con il bambino e viene attribuito alla scuola di Benozzo Gozzoli (XV secolo)

– il reliquiario in legno (XV secolo) che rappresenta Santa Ubaldesca (1136-1205), una santa monaca originaria della campagna pisana (Calcinaia) che, operando nell’ospedale adiacente alla chiesa, dedicò la sua vita alla cura di ammalati e pellegrini. Si tratta di una figura molto popolare soprattutto nelle campagne, che gode tuttora di grande devozione.

Infine, una curiosità al limite tra la cronaca e la storia. Nel pavimento della chiesa, in corrispondenza del portale occidentale, si trova la lapide sepolcrale di Maria Mancini, nipote del cardinale Mazzarino, già favorita del re di Francia Luigi XIV e poi sposa del viceré di Napoli Lorenzo Onofrio Colonna cavaliere di Malta, morta a Pisa nel 1715.

Oltre all’altare principale, completano l’arredo della chiesa altre due opere moderne scolpite in travertino, cioè il fonte battesimale e il ciclo delle formelle ottagonali della Via Crucis, creazioni dello scultore pisano Mario Bertini degli anni ’70 del secolo scorso.