Nascere ciechi non sappiamo cosa vuol dire, neppure possiamo immaginarlo. Tra i sensi fisici, la vista è quello che permette di incontrare la mamma, di imparare a riconoscere il primo sguardo accogliente, il sorriso, le lacrime, la vita, l’amore. L’uomo del vangelo di oggi si trova in questa situazione, peraltro aggravata dal giudizio del suo popolo: tutti lo credono segnato dal peccato – suo o dei suoi genitori – perciò abbandonato da Dio e dalla comunità, destinato a mendicare, lasciato ai margini della strada e della vita.
Gesù lo accosta, gli si fa vicino e compie il gesto di una nuova creazione: «sputa per terra, e con lo sputo fa del fango, glielo spalma sugli occhi, e gli dice: “Va’ a lavarti”». L’uomo nuovo è così concepito, ma per venire alla luce vera sarà necessario un parto doloroso. Tutti gli ostacoli che incontrerà per essere accettato segnano la strada della rinascita.
Solo dopo un’infinita serie di inutili interrogatori su come è avvenuta la guarigione, quando ancora una volta sarà cacciato fuori, egli potrà finalmente vedere Gesù, colui che lo ha guarito, e di fronte a Lui nascerà la fede: « “Ecco tu lo vedi: è proprio colui che ti parla!”. Allora dice: “Credo, Signore!”».
Il lungo racconto evangelico mette in evidenza, di proposito, le resistenze di tutte le comparse della scena, proprio per suscitare nei lettori l’istinto di difesa nei confronti del poveraccio inquisito: prima condannato dalla nascita, adesso giudicato per la rinascita.
Ma il protagonista è Gesù – «Fintanto che sono nel mondo, sono luce per il mondo!» – la sua tenerezza, la sua capacità di lasciare che il cieco, che vede e crede, affronti tutte le difficoltà. Questi è icona del discepolo, toccato dal Maestro e Signore, da Lui creato come uomo nuovo, e perciò ostacolato dall’incredulità. Al centro del brano spicca il contrasto tra la presunzione di coloro che pensano di vedere, e giudicano gli altri con superiorità, e l’umiltà di chi riceve grazia immeritata, e riprende coraggio, dopo una vita misera e sconsolata.
Nell’itinerario verso la pasqua del Signore, si affaccia il bagliore di un’intima gioia: non ci sono tenebre in grado di resistere alla sua luce, questa la nostra speranza, Lui ne è la ragione. Come si comprende chiaramente da questo racconto, al Signore non importa nulla dell’ingannevole spiegazione che collega il male fisico a quello morale, la menomazione al peccato, la colpa alla pena. A Lui interessa soltanto che chi brancola nel buio possa incontrare il suo volto, e riconoscerlo come il suo Salvatore, anzi, come il Salvatore di tutti. Tocca a ciascuno di noi scegliere con quale sguardo volgerci a Gesù, e ai fratelli e alle sorelle più deboli.
don Maurizio