«Sono io la risurrezione e la vita!»

Chi di noi non ha un amico che sta male? Anche Gesù ha conosciuto questa esperienza, e il brano evangelico di oggi ce la racconta nei dettagli. Soprattutto deve aver colpito i presenti alla dolorosa vicenda della scomparsa di Lazzaro il turbamento interiore di Gesù, sconvolto, in lacrime. Anche questa è la storia di un incontro d’amore travolgente, come le precedenti, con la donna samaritana e il cieco nato, dove avviene un profondo cambiamento: dall’aridità della vita all’acqua zampillante della fede, dall’oscurità degli occhi alla scoperta di un volto luminoso, dalla tristezza della morte alla sorpresa della vita.

Sono alcuni segnali di una storia di salvezza a pezzi, che si avvicina al compimento sorprendente della pasqua del Signore, quando tutto apparirà chiaro, ma solo agli occhi dei discepoli, rinnovati dalla fede in Lui: acqua viva, luce del mondo, risurrezione e vita. Anche noi ne siamo parte, introdotti dai tratti somiglianti della donna ferita da amori smarriti, del mendicante abbandonato ai margini della strada, dell’amico perduto e ritrovato.

Marta e Maria mandano a dire a Gesù: «Signore, vedi, colui che ami sta male», ed egli, inspiegabilmente per noi, rimanda la visita di due giorni. Cerca di rassicurare le sorelle: «Questa malattia non è in vista della morte, ma per la gloria di Dio, affinché il Figlio di Dio ne riceva gloria!». Uno strano modo di spostare l’attenzione: dall’amico in fin di vita alla sua gloria. Eppure questo è il modo col quale Gesù continua a rivolgersi a noi, nel momento della prova anche più dolorosa. Se guardiamo a noi, alle nostre pene, soprattutto agli affetti che sentiamo strappati, tutto sembra perduto, anzi, possiamo arrivare a dare la colpa a Gesù: «Se tu fossi stato qui, Signore, mio fratello non sarebbe morto!».

Il racconto prosegue, tutti i personaggi della scena prendono parte al dramma, e Gesù con loro. Mentre, da una parte, egli confida nella potenza del Padre che può strappare dalla morte, dall’altra, avverte tutta la fragilità dell’umano che abbraccia ed in cui è immerso. Gesù non è da solo in questo mondo, per recitare la parte dell’impassibile, totalmente altro da noi. Aveva un amico, e l’ha perduto. Nell’abisso della morte ora è sceso Lazzaro, tra poco toccherà anche a lui. Le vite s’intrecciano, sono travolte insieme, ma la speranza non muore.

«Dove l’avete messo?», chiede ai presenti. «Levate quella pietra!», ordina deciso. «Lazzaro, vieni qui, esci fuori!», grida con voce potente. «Scioglietelo, e lasciatelo andare!», comanda. L’esitazione iniziale cede il passo alla decisione imperativa: Gesù trae fuori dall’ombra di morte con la potenza stessa del Padre che gli ha dato ascolto, ma soprattutto per la forza dirompente del suo affetto, dell’amicizia, dell’amore.

Al povero Lazzaro, che dopo una penosa malattia finalmente aveva trovato la pace del riposo, adesso tocca tornare in vita, per poi morire una seconda volta. Ma ne è valsa la pena, non per sé, ma per tutti gli altri: perché credano che il Padre ha inviato il suo Figlio Gesù: lui è la risurrezione e la vita.

don Maurizio

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