«Fu trasformato nell’aspetto davanti a loro»

Nelle prime tappe del cammino quaresimale di quest’anno liturgico, l’evangelista Matteo ci invita ad accompagnare Gesù in due luoghi simbolici diversi: dal deserto delle tentazioni al monte della trasfigurazione. Seguiranno poi tre incontri, narrati dal quarto evangelista – con la donna samaritana, il cieco nato e Lazzaro –, dove i simboli dell’acqua, della luce e della vita richiamano direttamente l’esperienza del battesimo. Per andare incontro alla pasqua di Gesù, torniamo alla sorgente della nostra fede, quando siamo stati coinvolti nel suo passaggio dalla morte alla vita nuova: lì è avvenuta la nostra prima trasfigurazione.

Oggi, al centro del brano evangelico è la metamorfosi di Gesù: sul monte, in compagnia di tre discepoli, Egli «fu trasformato nell’aspetto davanti a loro». È il maestro che conoscono, eppure appare in modo diverso. La scena sembra surreale, è una visione. Due personaggi cari alla memoria di Israele – Mosè ed Elia – conversano con Gesù. Il passato si fa presente, ed è come se si stessero riavvolgendo i fili di una storia che volge al suo compimento. Se prendiamo il racconto di Luca, veniamo a sapere anche il contenuto del dialogo: «parlavano dell’esito del suo cammino, quello che egli stava per portare a compimento a Gerusalemme».

Lungo questa strada si affaccia, in modo inatteso, una sosta luminosa e sorprendente: il volto di Gesù splende come il sole, le sue vesti diventano candide come la luce. È il destino ultimo, che lo attende oltre l’oscurità della morte, che qui però dura solo un momento: il dono anticipato nella speranza, la promessa cui affidarsi, che non si può trattenere.

All’iniziale stupore incantato di Pietro segue la smarrimento. Troppe cose attraversano la mente e il cuore all’incontro col Signore. I discepoli sono confusi. Giunge persino la voce del Padre dal cielo: «È questo il mio Figlio, l’amato». Avviene dunque qualcosa di simile ad una rivelazione, c’è una scoperta sorprendente, e poi tutto pare tornare alla normalità.

Oggi merita riflettere proprio su questo modo di agire del Signore nella nostra vita. Accadono cose che non abbiamo previsto, che spostano la nostra attenzione: anche nel nostro quotidiano capita di percepire bagliori che rischiarano l’opacità del vivere. Il Signore Gesù ci fa conoscere aspetti di sé e di noi che non immaginavamo.

Questa è l’esperienza della preghiera, dove si mescolano attrazione e distrazione, s’intrecciano solitudine e compagnia, consolazione e timore, voci e silenzi. Tutto di Lui e tutto di noi viene a contatto, eppure ogni cosa sfugge. È il segno che siamo di fronte al Signore, non resta che attendere il nuovo incontro, che Lui saprà offrirci ancora, senza che possiamo trattenerlo. L’esistenza credente funziona così: i discepoli di Gesù lo impareranno proprio dall’esperienza della sua pasqua.  

don Maurizio

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