Sei tu colui che viene?

Abbiamo già incontrato Giovanni Battista – il precursore di Gesù, sulle rive del fiume Giordano – che, insieme a Maria, ci accompagna nel tempo di Avvento. Oggi, egli si presenta sotto una luce diversa, che potrebbe sorprendere. È imprigionato, sente dire alcune cose di Gesù, è preso da una sorta di scoraggiamento, forse teme il fallimento della propria missione, perciò vuole essere rassicurato da notizie dirette: «Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettare qualcun altro?».

In realtà, egli mescola la propria situazione – dovuta alle critiche rivolte alla condotta di Erode Antipa, che conviveva con la cognata Erodiade rimasta vedova di Filippo – con il suo annuncio della venuta del Messia. Nella condizione di carcerato, Giovanni ha bisogno di conforto, e lo cerca in Gesù. Egli appare dunque in tutta la sua umana fragilità, che poi è la nostra, ovvero di chi, pur credendo e impegnandosi con coraggio, desidera conferme specialmente nel momento della prova.

La risposta di Gesù ai discepoli del Battista non è formale, teorica, intellettuale – del tipo: “sì, sono io colui che viene, non temere, non ti sei sbagliato” – ma: «i ciechi recuperano la vista e gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati e i sordi odono, i morti vengono risvegliati e i poveri ricevono il lieto annuncio». C’è tutta l’opera concreta che Gesù sta compiendo, di lui parlano i segni di salvezza fisica e spirituale che tocca tutti i sofferenti e tutta la persona, ma soprattutto conta la conclusione: «E felice è colui che non trova in me motivo di inciampo».

Anche noi, quando attendiamo risposte dal Signore, siamo invitati a puntare lo sguardo con fiducia verso di Lui. Il rischio di misurare l’agire di Dio con il nostro metro – quello dell’essere sollevati dalle difficoltà – è sempre in agguato. Al Battista, Gesù fa sapere che la potenza del Messia è indirizzata principalmente ai più deboli, che Egli non abbandona nessuno, anche quando sembra tacere. Chi si aspetta trionfi e vittorie sui potenti sbaglia Dio.

Le parole che poi Gesù rivolge alle folle rafforzano la stima che Egli ha di Giovanni, restituendogli la conferma della sua missione profetica: «fra i nati di donna non è mai sorto nessuno più grande di Giovanni il Battezzatore, ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui». Il messaggero ha fatto la propria parte, adesso comincia il tempo del regno, della signorìa di Dio, con la sequela di Gesù.

Lo sguardo va spostato dal dito che indica la luna alla luna stessa – avrebbero scritto i giovani sessantottini sui muri dell’università – ed è proprio quello che Giovanni aveva desiderato: «l’amico dello sposo, che gli sta accanto e l’ascolta, gode di grande gioia alla voce dello sposo! Questa mia gioia – dunque – eccola compiuta! Bisogna che lui cresca, e che io diminuisca» (Gv 3,29-30). Questo è il senso della domenica “gaudete”, che oggi celebriamo, ed è il Battista che ce lo indica.

don Maurizio

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