Nelle beatitudini, sono otto i colori che servono per dipingere l’affresco della santità. Ci sono le tinte forti della povertà interiore e materiale, della sete e fame di giustizia, del pianto e della persecuzione, e poi quelle più delicate della purezza di cuore, della pace, della mitezza, della misericordia. Anzi, quest’ultima è il colore di fondo, senza il quale non si trova la via della santità.
La strada per il cielo, dunque, attraversa la terra: infangata, sporca, accidentata. Lungo questi sentieri alcuni cadono a causa di altri, e altri aiutano i feriti a rialzarsi. Ecco le beatitudini, che non sono tutte dello stesso genere. Alcune hanno il sapore forte della prova: la povertà interiore e materiale, il pianto, la fame e sete di giustizia, la persecuzione e l’offesa. Altre hanno il gusto delicato della tenerezza: la mansuetudine, la purezza di cuore, la misericordia, la pace. Come per dire che ognuno, per la sua strada, è chiamato ad essere il meglio di sé, quello che Dio ha pensato per lui o per lei, ma non da solo, mai da soli. Quando si ha la grazia di avvertire che il Vangelo è possibile in qualunque situazione ci troviamo, allora è bene sapere quali sono gli indicatori della via comune alla santità: pazienza, umorismo, audacia, comunità, preghiera.
Papa Francesco, nella sua Esortazione apostolica Gaudete et exsultate (2018), dice che la santità è un appello, un invito, la chiamata rivolta da Dio ad ogni persona, senza distinzioni, «con i suoi rischi, le sue sfide e le sue opportunità». È un lavoro artigianale, persino artistico, simile all’opera di un affresco. Una cosa bella e impegnativa. Che il Maestro ha in mente, ma tocca agli artigiani realizzare con pazienza. Ognuno deve trovare i colori giusti per lasciare che emerga la propria figura. Alla fine viene fuori un capolavoro dove ciascuno è al proprio posto, alla destra di Gesù Signore dell’universo. Un po’ come nella Cappella Sistina.
La santità è soprattutto roba da peccatori: pentiti e perdonati. Quindi per tutti quelli che hanno capito di non poter scagliare pietre verso gli altri. Anzi, soprattutto per coloro che hanno rischiato di prenderle o addirittura sono sati lapidati, i martiri ad esempio. E ce ne sono molti, nascosti, anche oggi. Quelli che il Papa chiama “popolo di Dio paziente”, “i santi della porta accanto”, “la classe media della santità”. Come i genitori che crescono con tanto amore i loro figli, gli uomini e le donne che lavorano per portare il pane a casa, i malati, le religiose anziane che continuano a sorridere. Insomma, non gente che non cade mai, ma che ogni volta si lascia rialzare dalla misericordia di Dio.
Affidiamoci, dunque, a questi fratelli e a queste sorelle più generosi, che hanno lasciato dietro di sé un sovrappiù di amore, perché ci sostengano nel cammino della vita. Confidiamo nella loro premurosa custodia: chi ha amato in questa vita continua a farlo anche nell’altra.
don Maurizio