«Nessun profeta è bene accetto nella sua patria»

Il brano del vangelo di oggi inizia con la conclusione di quello della domenica scorsa: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Occorre fare attenzione alla parola “compimento”: la gente ha visto Gesù battezzato sul Giordano e lo ha udito nella sinagoga di Nazaret. Il passaggio dal vedere all’ascoltare è ciò che qui l’evangelista Luca vuol mettere in risalto. Gesù si muove, è presente in mezzo al suo popolo, agisce. Questa è la novità da cogliere: è iniziato il tempo pieno di Dio, Egli sta con noi, prende parte alla nostra vita quotidiana, semplice o complessa che sia. “Oggi” è un avverbio temporale caro a Luca, indica qualcosa di unico che avviene qui ed ora, invita a non distrarsi e a cogliere l’attimo presente.

Ora, la familiarità di Gesù con i suoi paesani di Nazaret, la sua semplicità nel presentarsi non viene colta come uno dono grande e umile, ma attiva una sfida pretenziosa: «Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Non capita forse anche a noi, qualche volta, di pretendere che il Signore esibisca la sua potenza e forza, per dimostrarci che è Dio, e risponde alle nostre richieste?

Di fronte a questa aspettativa di orgoglio paesano, in attesa di atti terreni di beneficenza da parte di cuori insinceri, Gesù prende due esempi dalla tradizione religiosa che tutti conoscono: la vedova Sarepta e il siro Naaman sono pagani, ad essi è giunta una grazia inattesa attraverso i profeti. Ciò vuol dire che l’orizzonte della sua missione di Figlio inviato dal Padre, di Messia e profeta, non si limita ad Israele, ai suoi compatrioti. Dio guarda più in là, va oltre i confini, abbraccia tutti. Si profila qui l’annuncio dell’ora dei pagani e del rifiuto d’Israele.

La risposta dei nazaretani è sorprendente: passano rapidamente dall’ammirazione al disprezzo. Alla reazione iniziale – «Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca» – ne segue una di segno totalmente opposta: «tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori», pronti persino ad ucciderlo. La rivolta e la rabbia prendono il posto dello stupore.

Riflettiamo sulla tentazione che a volte si affaccia nel nostro cuore, quando le cose non vanno come ce le aspettiamo, quando le persone non rispondono alle nostre pretese, quando perfino Dio delude le nostre ambizioni. Fanno pensare le parole dello scrittore francese Paul Valéry: «Guardando bene, si scopre che nel disprezzo v’è un po’ di invidia segreta. Considerate bene ciò che disprezzate e vi accorgerete che è sempre una felicità che non avete, una libertà che non vi concedete, un coraggio, un’abilità, una forza, dei vantaggi che vi mancano, e della cui mancanza vi consolate col disprezzo» (Cattivi pensieri, 1942).

Gesù sta in mezzo a noi senza clamore, ci accompagna con umiltà e ci sostiene con tenerezza e delicatezza. I profeti che ogni giorno ci invia, li riconosceremo non da gesti eclatanti, ma dalla loro presenza costante e paziente, che smaschera quella pretesa di onnipotenza di un Dio che non è quello di Gesù, ma la nostra brutta copia. Il Signore ci guardi dal disprezzare gli umili e i piccoli, dei quali si serve per insegnarci quell’amore feriale che ci dona la vera forza, e offre a tutti speranza, a cominciare dai più deboli e vulnerabili.

don Maurizio

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