«Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Con queste parole, che suonano a prima vista come un rimprovero, Maria si rivolge al ragazzo Gesù, smarrito e ritrovato nel tempio, «seduto in mezzo ai maestri». Quale genitore non ha provato un senso di rabbia o di delusione di fronte al figlio disobbediente? Non solo: ci sono figli incorreggibili, e non solo perché non obbediscono, forse solo perché hanno dei limiti, delle fragilità che non dipendono dalla loro volontà, magari portano il segno di una disabilità, che facciamo fatica ad accettare. Insomma, figli che non rispondono al nostro legittimo desiderio che siano il meglio di quello che ci aspettiamo, per i quali spendiamo molte energie senza vedere i risultati sperati.
Ora, Gesù è un ragazzo sveglio, vivace, curioso, vive l’età delle scoperte, com’è avvenuto per tutti noi. Ed è interessante che il vangelo di Luca ci riferisca questo episodio carico di normalità. Ci fa pensare al vissuto familiare quotidiano, intessuto di affetti e di confronti, di intese e tensioni, di legami e distanziamenti. Sarebbe disgraziato quel figlio che fa sempre e soltanto ciò che gli viene chiesto, ordinato, imposto, seppur per il cosiddetto suo bene. I figli ci insegnano la libertà, quella che forse non abbiamo; ci ricordano quello che siamo stati, e magari adesso non siamo più: sono persone che hanno il sacrosanto diritto di trovare la propria strada, e forse non è quella che abbiamo previsto per loro.
Maria e Giuseppe cercano di capire, non rimproverano. Il vangelo appunta una nota importante: «Al vederlo restarono stupiti». La meraviglia brilla nei loro occhi, perché vedono il ragazzo in una situazione imprevista, ma non pericolosa. Dunque, sanno distinguere tra la preoccupazione di averlo perduto e lo stupore di averlo trovato a discutere con gente più grande, peraltro ad “occuparsi delle cose del Padre suo”. Attenzione: non c’inganni il rimando all’essere Figlio di Dio. Questi genitori stanno solo scoprendo chi si sono messi in casa. Dicono a noi che un figlio è mistero, non manufatto; non è un bambino di legno animato come Pinocchio: è vita che esplode, si smarrisce, azzarda, può ferirsi. Perciò ha bisogno di guida, di protezione, di cura, ma non di delusione, mai di svalutazione. Non deve diventare perfetto, ma semplicemente se stesso, non uguale a chi lo ha fatto. Senza lo stupore che viene dall’amore per la libertà non si aiuta a crescere. A volte un figlio deve imparare a difendersi, ed è triste se lo deve fare proprio nei confronti dei genitori.
Oggi, la santa Famiglia di Nazaret ci insegna la complessa cura delle relazioni, mai tutte uguali, né obbedienti ad una regola generale, da costruire con la pazienza che preferisce donare più che pretendere. Il Signore ci renda lieti dei nostri figli, specialmente quando ci mostrano le loro fragilità: è il segno che possiamo sempre riabbracciarli, soprattutto quando li abbiamo un po’ persi d’occhio. E non è sempre colpa loro.
don Maurizio