«I loro occhi si aprirono e lo riconobbero»

Con il cammino dei due amici di Gesù verso Emmaus sembra concludersi la loro storia di discepoli, dopo la triste fine del Maestro. Parlano tra loro, chiusi nei dolorosi ricordi di quanto avvenuto a Gerusalemme, non si danno spiegazione, non c’è pace nei lori cuori. Delusione, sconforto e ripiegamento occupano i pensieri, e rendono gli occhi tristi.

Sono molto vicini a noi questi due, soprattutto nei momenti in cui siamo tentati dallo scoraggiamento,  schiacciati dalla prova dall’assenza, quando il Signore in cui abbiamo creduto pare abbandonarci. Avviene però che uno sconosciuto si faccia loro prossimo e, provando ad allargare lo sguardo, li ascolti fino in fondo. Ed ecco che dal loro racconto viene fuori una storia non proprio finita nel nulla: «certo alcune donne tra noi ci hanno sconvolti, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione, alcuni di noi sono andati al sepolcro, ma lui non l’hanno visto». Ci sarebbe dunque uno spiraglio di speranza, ma il non vedere prevale, fino a cancellare il sogno.

Il misterioso viandante allora, dopo averli lasciati sfogare, prende la parola con decisione: «O insensati e tardi di cuore…». Comincia con un rimprovero, smaschera l’illusione del riscatto d’Israele in cui avevano sperato: le sofferenze del Cristo avevano un altro fine, la sua gloria, non la loro. E la gloria non viene dai trionfi umani, dalle sconfitte degli altri, ma dal dono della propria vita.

Il cammino riprende, ed è ormai sera. È l’ora del congedo, ognuno va per la propria strada, ma quella che hanno fatto insieme non è stata inutile, si può restare a cena. La scena allora s’illumina: «quando fu a tavola con loro, preso il pane, recitò la benedizione e, spezzatolo, fece per porgerlo loro: allora i loro occhi si aprirono e lo riconobbero».

La delicata pazienza nell’ascoltare i loro lamenti, la chiarezza nel rileggere il senso dei fatti incompresi, il gesto intimo della cena hanno accompagnato il cammino dei due discepoli. C’è stato bisogno di tempo, perciò Gesù li ha presi per mano, e finalmente il loro occhi tristi hanno ritrovato la luce, il loro cuore si è riscaldato di fronte alle sue parole.

Questo è il compendio del vangelo: la compagnia del Signore accanto alle nostre illusioni e sconfitte, il suo attento ascolto del nostro lamento, la sua cura amorosa delle ferite del cuore. Si può sempre ricominciare da dove ci troviamo, anche nel più desolato smarrimento.

La celebrazione della sua parola e il gesto del pane spezzato sono diventate – da due millenni – la memoria viva della sua presenza, dove egli ha voluto essere ricordato. Non sulla croce, da dove se n’è andato, e dalla quale vuole strappare tutti i crocifissi del mondo, ma nella cena. Il più bel regalo che ha voluto lasciare ai suoi primi amici è stato quello di evitar loro l’elaborazione del lutto: tre giorni sono bastati per passare dalla morte alla vita. I discepoli di Emmaus, infatti, non hanno avuto neppure il tempo di sedersi a mensa con il posto vuoto del Maestro, ormai vivo per sempre.

don Maurizio

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