Nel brano evangelico di oggi, la visita inattesa del Maestro perduto sorprende gli amici, chiusi in un luogo che ha tutto il sapore del sepolcro. La tristezza per la sconfitta, il timore di fare la stessa fine, il disorientamento hanno avuto il sopravvento. Tutto è avvenuto così rapidamente da impedire pensieri e gesti di reazione sensata.
Ci sono perdite alle quali non si è mai preparati, e questo è il caso dei discepoli di Gesù di Nazaret, il Maestro, ma non ancora il loro Dio e Signore. La passività in cui si trovano costretti dice quanto l’avventura della sequela sia stata tutta nelle mani di Gesù. Loro si sono fidati, anche se poco hanno capito di Lui, ed ora non sanno cosa fare. Quella base sicura alla quale si erano attaccati non c’è più. Tanto avevano faticato per affidarvisi che viene il dubbio di aver sbagliato.
Ma è giunta l’ora di un nuovo inizio: «“Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo». Chissà cosa sarà passato nella loro mente di fronte a queste parole. Di certo lo stupore, la gioia di vedere più che di capire. Se si può ricominciare, vuol dire che niente è perduto per sempre. È quello che desidera ciascuno di noi, dopo il grande dolore per la scomparsa di una persona cara, tanto amata.
Nasce da questo incontro tra Gesù risorto e i suoi amici la speranza per tutti noi, per l’umanità intera. Da quell’evento imprevedibile della sua morte e risurrezione si dischiude un altro mondo rispetto al nostro, dove alla fine facciamo sempre i conti con i dubbi, le paure, le sofferenze, le perdite. Chi ci darà la gioia cui aspiriamo, ma non sappiamo trattenere se non per brevi istanti? Dove trovare un senso a quegli amori che ci hanno dato vita, e poi scompaiono in un attimo, e non li ritroviamo più?
Invece di chiudersi nel ricordo sconsolato, ai discepoli del Signore – come ai credenti di ogni altro tempo, che, «pur non avendo visto, crederanno» – è offerta l’opportunità di ricominciare sempre, qualunque cosa accada nel mondo umano.
La parola “fine” è solo nostra, mai di Dio. Grazie a Gesù, risorto dai morti, oggi impariamo che ogni esistenza fragile, ferita o perduta ha sempre un futuro, che non vediamo, ma c’è. Noi cominciamo a farne esperienza con il dono più prezioso del Crocifisso Risorto: il perdono dei peccati, la sua infinita misericordia. Questo è il segno che la speranza non può morire mai, che anche l’amore donato e ricevuto non avrà mai fine, perché custodito nel cuore immenso di Dio.
Certo, ne potremmo anche dubitare, come Tommaso, ma il Signore Gesù non mancherà di mostrarci piaghe in cui rifugiarci: quelle dei fratelli più deboli che incontriamo lungo la strada, dove il Signore continua a chiederci di riconoscerlo, mendicando di prendercene cura.
don Maurizio