«Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo»

Domenica scorsa si è concluso il tempo di Natale, con la festa del battesimo di Gesù. Oggi inizia il tempo ordinario, e ci viene proposto il brano del quarto vangelo in cui torna lo stesso episodio, ma con una particolarità rispetto ai vangeli sinottici: è il Battista stesso che lo racconta, egli stesso ne fa memoria, ci dice cosa ha significato per lui.

Per due volte, Giovanni ripete: «Io non lo conoscevo», e questo ci potrebbe sorprendere. Gesù è figlio di Maria e Giovanni della cugina Elisabetta: come potevano non conoscersi? Questa espressione ci fa pensare ad una scoperta che nasce dalla fede accesa dall’incontro sul fiume Giordano, dove lo Spirito scende come una colomba e rimane su Gesù. A Giovanni, il cugino Gesù appare in una luce diversa.

Con questa immagine i vangeli rappresentano un fatto imprevisto: nell’umiltà di Gesù, che s’immerge nel comune destino del suo popolo, si dischiude un orizzonte nuovo, quello di Dio e del suo Spirito. È allora che Giovanni comprende appieno la missione affidatagli dal Signore: «Proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Inizia la missione di Gesù e termina quella di Giovanni, il testimone lascia il passo al nuovo e ultimo inviato, il Figlio, sul quale punta il dito: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!».

Da questo racconto derivano due importanti conseguenze per noi, battezzati nell’acqua e nello Spirito, anzi nel nome della Trinità. La prima è il riconoscimento di chi è Gesù, alla luce del quale possiamo comprendere chi siamo noi: grazie al Figlio siamo figli di Dio, quindi fratelli tra noi.

La seconda: siamo invitati a diventare testimoni di questo incontro. Impareremo a indicare agli altri Gesù, e con lui il bene che ci viene continuamente messo davanti lungo la nostra strada? Oppure siamo tentati di puntare il dito contro gli altri, per giudicarli, lasciandoci attrarre più dal male che dal bene?

Non dimentichiamo che il peccato del mondo, dal quale Gesù – agnello di Dio – viene a liberarci, ha messo le sue radici nell’autoreferenzialità, nell’aspirazione ad essere i primi invece degli ultimi, ovvero a prendere il posto di Dio, che ci rende nemici gli uni degli altri, pronti al giudizio e al conflitto.

Abbiamo bisogno di sempre nuove immersioni nell’amore di Dio: Lui ci libera dall’egoismo che acceca, rende insensibili e ripiegati su noi stessi. Solo allora riconosceremo il Signore come colui «che è avanti a me, perché era prima di me», per imparare a non anteporci mai neppure ai fratelli.

don Maurizio

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