«Oggi tu sarai con me nel paradiso»

Nella domenica che chiude l’anno liturgico, il vangelo di Luca ci presenta la scena del Calvario come l’ultimo orizzonte sul quale si affaccia la speranza per tutti. Due criminali ai lati di Gesù, che impiegano il filo di voce che gli resta per parlare con Lui. Uno lo invoca, a suo modo, forse ha un’ultima speranza, e lo sfida a scendere dal patibolo; l’altro interviene e lo rimprovera. Un dialogo estremo, dove viene fuori la verità, insieme a un disperato bisogno di salvezza. Una verità dolorosa: «Per noi è giusto così, perché riceviamo il degno contraccambio delle nostre azioni», perciò pronta a riconoscere la differenza: «costui non ha fatto nulla di male».

Accanto all’Innocente s’illumina la coscienza di sé: solo allora è possibile ammettere la verità. Abbiamo bisogno di più luce per vedere meglio, per accorgerci di dove siamo, di chi siamo e cosa possiamo sperare.

La solennità di Cristo re dell’universo ci pone di fronte al destino ultimo delle cose, delle persone, di ciascuno di noi. Che fine faremo? Chi raccoglierà le nostre miserie, le fragilità, i ritardi, le colpe di tutti? Se c’è una speranza, questa viene dalla disposizione interiore e reale ad affidarci a Colui che fa nuove tutte le cose, senza che neppure un capello del nostro capo vada perduto.

Lungo quest’anno liturgico abbiamo letto e meditato il vangelo di Luca, il vangelo della misericordia, dove ogni debolezza è accostata con tenerezza dal Signore. Oggi, questo percorso si chiude proprio con il gesto estremo del perdono: «Amen ti dico: oggi tu sarai con me nel paradiso!». Nel giardino del re – indicava l’origine persiana della parola “paradiso” – nel giardino di Dio, ove la vita fiorisce nel giorno senza tramonto.

Questa è la risposta del Signore crocifisso a tutti i crocifissi della storia, a coloro che lo supplicano con l’ultimo respiro: «Gesù, ricordati di me quando sarai giunto al tuo regno».

«In un solo istante, su quel disgustoso cadavere, la Grazia ha approfittato di tutte le deficienze della virtù.
L’assassino, l’impudico, il ladro, il forzato, il bandito professionale è diventato un santo…
È bastato quell’impercettibile spostamento, quella lieve fessura nell’ermetico recipiente del nostro egoismo.
È bastato uno sguardo tra le sue palpebre sanguinanti per scatenare nell’invitato di destra quel cataclisma penitenziale, quella risurrezione mista all’agonia, quell’irresistibile esplosione dell’Eternità» (Miguel de Unamuno, Il Cristo di Velazquez, 1913).

Abbiamo anche noi il coraggio di ripetere ogni giorno al Signore: «ricordati di me», con la fiduciosa speranza di sentirci rispondere: «oggi sarai con me». Quell’oggi che viviamo, seppur doloroso, odora già di risurrezione.

don Maurizio

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