Nelle ultime domeniche dell’anno liturgico, le parole del Vangelo sospingono il nostro sguardo in avanti, verso il futuro ultimo della storia. Un tono in certo senso inquietante potrebbe distogliere dal vero senso che Gesù intende dare a questa visione catastrofica: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte». Se ci fermassimo ai segni che anticipano il destino finale del mondo resteremmo terrorizzati. Invece di fissare il pensiero sugli elementi che saranno sconvolti, Gesù ci propone di attendere con fiducia e speranza la sua venuta: «Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria».
Dopo la morte dolorosa in croce e la sua scomparsa dall’orizzonte terreno, Egli tornerà glorioso per raccogliere ogni frammento di questa umanità tribolata, sofferente e smarrita. Nulla andrà perduto di tutto ciò che Egli ha amato: «Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo». Ciascuno di noi è suo eletto, specialmente i più deboli e scartati, coloro che sono provati dalla vita e non contano nulla per nessuno.
Tra le parole di Gesù che non passeranno, oggi ce n’è una che deve farci riflettere: «I poveri li avete sempre con voi» (Marco 14,7). È il titolo che papa Francesco ha dato alla quinta giornata mondiale dei poveri, con la quale siamo invitati a passare dalla mentalità dell’elemosina a quella della condivisione. L’unico vero modo per non aver paura del futuro è operare nel presente con giustizia e carità, e farsi prossimo senza attendere che qualcuno ci chieda ciò di cui ha diritto. Con queste parole, infatti, il papa conclude il suo messaggio:
«Mi auguro che la Giornata Mondiale dei Poveri, giunta ormai alla sua quinta celebrazione, possa radicarsi sempre più nelle nostre Chiese locali e aprirsi a un movimento di evangelizzazione che incontri in prima istanza i poveri là dove si trovano. Non possiamo attendere che bussino alla nostra porta, è urgente che li raggiungiamo nelle loro case, negli ospedali e nelle residenze di assistenza, per le strade e negli angoli bui dove a volte si nascondono, nei centri di rifugio e di accoglienza… È importante capire come si sentono, cosa provano e quali desideri hanno nel cuore.
Facciamo nostre le parole accorate di Don Primo Mazzolari: “Vorrei pregarvi di non chiedermi se ci sono dei poveri, chi sono e quanti sono, perché temo che simili domande rappresentino una distrazione o il pretesto per scantonare da una precisa indicazione della coscienza e del cuore. […] Io non li ho mai contati i poveri, perché non si possono contare: i poveri si abbracciano, non si contano” (Adesso n. 7 – 15 aprile 1949). I poveri sono in mezzo noi. Come sarebbe evangelico se potessimo dire con tutta verità: anche noi siamo poveri, perché solo così riusciremmo a riconoscerli realmente e farli diventare parte della nostra vita e strumento di salvezza».
don Maurizio