Gridare forte vuol dire urlare disperatamente. Di solito lo si fa per paura, quando ci sentiamo perduti. Nel brano evangelico di oggi, questa espressione riguarda un cieco mendicante, che avverte il passaggio di Gesù. «Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”. Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”». L’evangelista riferisce il nome e il padre di questo non vedente, per giunta anche povero: Bartimeo, figlio di Timeo. Vuol dire che è noto, molti lo conoscono, e chissà quante volte gli sono passati accanto senza neppure guardarlo, persino infastiditi dalla sua inutile presenza. Il suo dolore disturba, e allora lui urla più forte.
Gesù passa, ode il suo grido disperato, lo fa chiamare e lo incontra. La scena è accelerata, tutto si svolge con estrema rapidità e con l’esito sperato: «E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada». In poche righe c’è il racconto della svolta di una vita. Ciascuno di noi, come Bartimeo, potrebbe avere gli occhi chiusi, ma gli orecchi aperti. Mai tutto di noi è completamente fuori dalla portata del Signore che passa. Ci fanno dunque pensare questi tre diversi sensi: la vista, l’udito, la voce.
Non vedere significa dipendere da altri, doversi fidare, rischiando anche di sbagliare molto, e non è sempre del tutto negativo, specialmente quando si affinano di più gli altri sensi. Chi ha difficoltà visive migliora nell’udito, fa maggior appello alla parola. La fede che ha salvato Bartimeo – Gesù stesso gliela riconosce – è venuta dall’ascolto, dall’attenzione alla voce degli altri. A volte può capitare anche a noi di non vedere il Signore, ma di avvertire solo sussurri che ne fanno intuire la presenza: a questi bisogna dare ascolto. Poi tocca a noi, magari con la supplica, il lamento, il grido. Non è forse questo il momento più vero della preghiera?
Bartimeo ha supplicato Gesù ed ha avuto la grazia di vedere, per poter camminare dietro a lui lungo la strada. È la storia di ogni discepolo, del credente che è passato dalle tenebre alla luce, da mendicante ad autosufficiente, e ha ritrovato dignità. Non è solo questione di guarigione da una malattia, ma di novità di vita. Se ne poteva tornare a casa, come tanti altri sanati nel corpo, invece comincia a seguirlo. Ecco perché si tratta del discepolo.
Forse anche ciascuno di noi ha bisogno, certe volte, di qualcuno che gli dica: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Se abbiamo avuto la grazia di ascoltare questo appello, ricordiamoci che anche gli altri hanno diritto di sentirlo da noi, specialmente coloro che sono ai margini della strada, disprezzati da tutti, fastidiosi per il fatto stesso di mendicare. Non giudichiamoli: sono i fantasmi di ciò che potevamo essere senza aver incontrato Gesù.
don Maurizio