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Indignazione
«Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio» (Giovanni 2,13-15). Si può rimanere sorpresi dalla forte reazione di Gesù nei confronti dei venditori nel tempio, come pure trovarvi la spinta per sostenere con determinazione ciò in cui si crede. Al di là dello zelo che Gesù ha per la casa del Padre suo, l’episodio evangelico ci suggerisce di riflettere sul sentimento di sdegno che sorge in ciascuno di noi di fronte alle ingiustizie. L’indignazione nasce dal vivo risentimento per quel che offende il senso di umanità, di giustizia e la coscienza morale. Ci sono situazioni in cui nasce prepotente nell’animo un impeto che non sappiamo se è forte risentimento o addirittura rabbia. Forse vorremmo dominarlo, ma c’è un fuoco ardente difficile da spegnere. Allora come discernere? Che cosa fare?
Ci sono molti modi per reagire a ciò che contrasta con la legittima aspirazione al bene comune: alcuni si arrendono e subiscono, altri scelgono la forza, altri ancora preferiscono tentare la mediazione. Nei vari scenari del mondo esistono diverse forme di oppressione dei più deboli, come lo sfruttamento economico dei Paesi in via di sviluppo da parte dei più potenti. Tra questi, specialmente oggi, ci sono popoli che non vedranno una sola dose di vaccino. Per non parlare delle organizzazioni criminali e mafiose che sfruttano le situazioni di fragilità in cui versano intere nazioni.
Considerando queste situazioni, così si esprimeva papa Francesco: «ci dovrebbero indignare soprattutto le enormi disuguaglianze che esistono tra di noi, perché continuiamo a tollerare che alcuni si considerino più degni di altri. Non ci accorgiamo più che alcuni si trascinano in una miseria degradante, senza reali possibilità di miglioramento, mentre altri non sanno nemmeno che farsene di ciò che possiedono» (Laudato si’, 90).
L’indignazione è quell’impulso interiore che aspira a ristabilire la giustizia, ma riesce a non cedere a rabbia e violenza quando guarda oltre, e perciò sa trovare vie possibili di conciliazione, superando la logica del conflitto. Solo così possiamo passare dall’indignazione alla valorizzazione della dignità. A poco varrebbe, infatti, indignarsi senza impegnarci a costruire alternative dove venga rispettata la dignità di tutti. Merita dunque riflettere ancora sulle parole del papa nella sua ultima enciclica: «Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile; non possiamo lasciare che qualcuno rimanga “ai margini della vita”. Questo ci deve indignare, fino a farci scendere dalla nostra serenità per sconvolgerci con la sofferenza umana. Questo è dignità» (Fratelli tutti, 68).
don Maurizio